01 Ago Suono voce e vita
Marcus Schneider (1903-1982) grandissimo musicologo tedesco, introdotto in Italia da Elémire Zolla e Antonio Sanfratello, e soprattutto maestro, nel senso antico del termine. Con lui si poteva imparare anche da un’occasionale passeggiata nel bosco durante la quale raccontava come, all’origine, il cacciatore dava il via all’inseguimento, intonando un canone polifonico; oppure come il musicista primordiale, adescava e affatturava le bestie con l’imitazione delle voci degli animali.
Schneider, più legato all’osservazione che allo studio, arrivò ad individuare un sistema di simboli arcaici legati alla musica, scoprendo analogie fra tradizioni sciamaniche siberiane, quelle magiche africane, le danze rituali in Spagna.
Forse al principio per la scienza era il Big Bang, ma per gli Egizi era il sole cantante, mentre per la tradizione giudaico cristiana il verbo di Dio; oppure Thot che ride, o, secondo i Veda, il canto di tre sillabe, e ancora, tuono, stella canora, aurora risonante, canto luminoso.
Tutti siamo affascinati dalla magia di una bella voce.
Tutti riconosciamo la forza intrinseca ed espressiva della voce. I bambini piangono e i genitori non possono che rispondere. Gli sciamani, i sacerdoti, i cacciatori, gli uomini e le donne cantano i momenti speciali.
Abbiamo metafore che ci indicano quanto vicino siamo alla nostra voce in termini d’identità: aneliamo a trovare la nostra voce nel mondo; vogliamo che la nostra voce sia ascoltata, perché abbiamo voce in capitolo; restiamo senza voce o senza parole. Negare la nostra voce, è negare noi.
La voce e il canto ci raggiungono nel profondo.
La voce e il canto provengono dal corpo, ne sono espressione, rivelano la nostra relazione con esso e con noi. La nostra voce cambia con la storia biologica e biografica. Gli eventi che attraversiamo o che ci investono la influenzano. Ci rivelano (a volte ci tradiscono). Corpo e voce sono intimamente legati.