11 Ott A spasso tra i simboli
Questa raccolta nasce indietro nel tempo. Nel corso di diversi anni ha avuto l’occasione di pubblicare in riviste interne ad associazioni o organizzazioni interessate allo sviluppo personale, una serie di articoli di presentazione di alcuni simboli o archetipi che, nel contesto in cui comparivano, erano utili alla comprensione di sé.
Oggi, su richiesta di alcune persone che hanno frequentato successivamente iniziative formative proposte da me, ho pensato di unirli in una breve raccolta con l’idea di offrire uno spunto iniziale a chiunque entri in contatto con il mondo delle immagini interiori. Organizzando il materiale che ho raccolto e elaborato finora, offro una sintesi che è il mio modo di vedere; non ha pretese di esaurire gli argomenti che tocca. Molti, e molto più grandi di me, ne hanno parlato e, a loro, va la mia gratitudine e il mio rispetto.
Osservazioni.
Comincerò con alcune osservazioni generali sul nostro funzionamento come esseri umani.
Il sistema nervoso centrale è progettato per interpretare e attribuire significato agli eventi, agli oggetti; è fatto quindi per stabilire relazioni significative, non può non farlo.
Nella sua evoluzione, dalle prime forme di vita in poi, il cervello si è sviluppato per accedere a competenze e risorse adattive, sovrapponendo le nuove strutture alle precedenti senza sostituirle.
È così che ognuno di noi sviluppa abilità e risorse mano a mano che si trova a doverle risvegliare e elaborare per gestire le varie situazioni la vita presenta.
Il sistema nervoso e le immagini.
La parte antica del sistema nervoso centrale nasce sensoriale e percettiva e funziona ancora in modo analogico, significa che funziona per immagini.
La parte più moderna del cervello, quella recente, è astratta e digitale. I due cervelli hanno a volte difficoltà a comunicare non avendo lo stesso linguaggio macchina: se dico “non voglio pensare a paperi gialli”, la mia mente si riempie di paperi gialli, perché non ha un funzionamento logico ma psicologico così, “non”, “voglio”, “vedere” di per sé non danno immagine, mentre paperi e gialli invece sì, e il cervello raccoglie solo quello, ignorando ciò che non è nel suo linguaggio. Quindi pensiamo a quanto spesso diciamo “non voglio essere nervoso”, non voglio arrabbiarmi”, se il cervello non legge la negazione cosa resta?
Approfondimento e riferimenti.
Il funzionamento del cervello: oltre alle immagini, gli obiettivi.
Una altra caratteristica del cervello è di funzionare per obiettivi (proprio perché si tratta di immagini). Quindi se non voglio vedere paperi gialli, o non voglio essere nervoso, la domanda che ci farebbe se ci parlasse è cosa vuoi invece? Voglio vedere un albero, o essere energico e determinato. Il cervello vuole l’alternativa verso la quale dirigere le proprie forze e organizzare i circuiti i sistemi di circuiti.
Questo è un modo per spiegare le due componenti del sistema nervoso centrale: conscio e inconscio. Quella conscia contiene un numero limitato di informazioni contemporaneamente, l’inconscia fa tutto il grosso del lavoro che ci tiene in vita e che elabora le informazioni, l’apprendimento, fissandoli attraverso il collante delle emozioni.
Scusandomi con i neuro scienziati e esperiti vari della spiegazione non troppo scientificamente precisa, ritorno al mondo dei simboli e, ancora un momento, a Erich Fromm che dichiara: “sono del parere che il linguaggio simbolico è l’unica lingua straniera che ognuno di noi dovrebbe imparare. Il riuscire a decifrarlo ci mette in contatto con una delle più importanti fonti di saggezza, cioè il mito, e con gli strati più profondi della nostra personalità. Esso ci aiuta a comprendere un livello di esperienza che è specificamente umano perché è comune a tutta l’umanità, per il contenuto e per la forma.”[1]
Moltissimi sono i grandi padri e madri della psicologia e dello studio del nostro mondo interiore che hanno preso contatto con i miti: Freud e Jung; Elémire Zolla, J. Campebell, E. Fromm, e moltissimi altri. Perché il mondo dei simboli è un mondo trasversale alla cultura, all’arte, alla musica, alle scienze, alla filosofia e alle religioni. Molto prima dei padri della psicologia se ne servivano i grandi e i piccoli nel mondo.
Ogni aggregazione umana ha avuto decorazioni e simboli, forme di rappresentazioni propiziatorie, scene di caccia, o animali, o luoghi simbolici (labirinti, grotte e spirali…); tutti gli uomini hanno narrato storie, cantato gesta, sussurrato segreti sacri o maledizioni, attorno ai fuochi, hanno dato a ciò che li circondava valore di simbolo, danzato riti sacri evocando forze benefiche o meno con questi passi rituali.
Ogni favola, leggenda, mito; ogni sigillo, dono; rappresentano altro da sé. Ogni segno matematico, ogni costellazione è stata interpretazione e aggregazione, di gruppi di stelle, di ritmi, di corrispondenze colte, individuate e trasmesse dagli uomini e dalle donne ai loro simili. Abbiamo riunito sequenze di gesti trasformandoli in abilità e poi in riti; abbiamo giocato per simulare la realtà e imparare a vivere e anche questo è diventato gioco/rito iniziatico, o forse al contrario. Danziamo per festeggiare, evocare, guarire, gioire. Cantiamo, per celebrare, per evocare poteri invisibili, per rendere omaggio e donare suono, poi (o prima) abbiamo cantato per il piacere.
Parliamo un momento di simboli. Il simbolo nasce come un oggetto diviso in due che consentiva a chi aveva i pezzi di riconoscersi rimettendoli insieme. Un simbolo è un qualcosa (oggetto, situazione, elemento, o altro) che rimanda ad altro. Il nostro linguaggio ne è intriso. Moltissime sono le situazioni nelle quali dobbiamo ricorrere ad immagini per esprimere ciò che sentiamo: forte come un leone, mi hai ferito, ho il cuore infranto, ho una fame da lupi. Quando si tratta di esprimere l’esperienza ricorriamo a metafore, altre forme di uso dei simboli: innalzare muri ha un significato letterale e uno simbolico, così come gettare un ponte. Non solo ma in modo molto più prosaico e anche estremamente efficace usiamo simboli nella vita quotidiana: i segnali stradali, ad esempio, le bandiere, le maglie delle squadre, tutte le divise, i loghi e gli stemmi: il marketing e la comunicazione pubblicitaria campano e il nostro cervello risponde, in un attimo sappiamo, capiamo e agiamo. Anche le persone diventano simboli, gli eroi, quelli buoni e anche i cattivi, ogni persona è anche simbolo di sé stessa. In questo modo, arriviamo a un tipo speciale di simbolo, l’archetipo.
Gli archetipi sono simboli, cioè immagini che rimandano ad altro, ma hanno una loro forza, un potere che va molto al di là della semplice metafora, sono simboli universali e atemporali. Gli archetipi sono campi energetici la cui forza consiste in una rete di vibrazioni e sono dinamici non solo immagini statiche (Jutta Voss, psicoterapeuta tedesca, li paragona a particelle subatomiche). Gli archetipi hanno potere di guarigione e di trasformazione. La loro forza è manifesta nei sogni. I sogni tendono a essere diversi e particolari e anche più frequenti in coincidenza con i cambiamenti della persona. Gli archetipi cambiano faccia ma sono strutturalmente uguali ovunque e in tutti i tempi. Si trovano in ogni mitologia, cioè sistema di valori codificato in simboli, in ogni tempo e luogo. Troviamo maghi, maghe; guaritori e guaritrici; ovunque, sovrani, creature dei boschi e divinità delle acque e del fuoco; le società si strutturano così e si riconoscono attraverso i loro miti e i loro eroi, e quando cambiano, si evolvono dalla mitologia precedente e si adattano ai tempi e alle esigenze del tempo. Tra un periodo mitologico e quello successivo c’è una fase di crisi. Come in ogni cambiamento, c’è confusione, incertezza, dubbio e paura. Troviamo questo linguaggio, i simboli e le loro espressioni universali, gli archetipi, ovunque, in ogni aspetti della via, dell’arte, dell’organizzazione, delle civiltà. C’è negli luoghi che abitiamo, e nei luoghi che frequentiamo.
Quando abbiamo cominciato a costruire i nostri spazi, abbiamo ricreato la natura in architettura. Così impariamo e rappresentiamo ed esprimiamo ciò che siamo.
Dal corpo a tutto il resto, ogni cosa è simbolo.
Per questo è importante cominciare a comprenderne il linguaggio. Recuperare il suo codice è un aiuto prezioso per chiunque voglia intraprendere un percorso di consapevolezza e sviluppo personale. Per questo i simboli e gli archetipi a maggior ragione, sono non solo indicatori di vita, ma espressione di noi: una sorta di interfaccia, tra conscio e inconscio: si esprime anche nel linguaggio, e ci aiuta a raggiungere ciò che non riusciamo a vedere di noi.
Ogni linguaggio, anche quello simbolico, ha un senso condiviso e un senso personale, individuale e determinato in un tempo: il mio senso oggi. Esplorare i significati condivisi aiuta e comprendere il significato personale e soggettivo di un dato simbolo.
È questa l’idea che anima la mia proposta. Aiutare chi volesse a cominciare a comprendere il proprio mondo interiore di simboli e a offrire una lettura a chiunque sia interessato.
[1] Erich Fromm, Il linguaggio dimenticato, Bompiani, 1994, Milano, pag. 13 e 14.